sabato 14 novembre 2009

Legittima difesa

Se ne stava appoggiato al muro con l’aria di chi si è appena risvegliato da uno strano sogno.
Era un ragazzo biondo, esangue. Un adolescente dinoccolato, dalle mani ossute, le iridi chiarissime che sembravano non mettere a fuoco la realtà che gli stava dinanzi.
La donna giaceva a terra, poco più in là, la testa fracassata. Uno spettacolo raccapricciante che persino il commissario cercava di evitare. Attorno, la scientifica si stava dando da fare.
Il ragazzo continuava a fissare il nulla, l’occhio vacuo. Il martello era ancora ai suoi piedi.
Il commissario gli si mise di fronte. “Perché?”, gli chiese. Il ragazzo non rispose.
“Era tua madre.”, gli disse ancora, cercando di incrociarne lo sguardo.
Il ragazzo lo fissò stupito, come colpito da un’improvvisa rivelazione, poi il terrore gli si dipinse sul viso e scosse più volte la testa quasi a scacciare una visione orribile o in un disperato diniego.
“No!”, esclamò concitato, “Non era mia madre! Era un mostro. Un mostro orribile, affamato, che mi stava divorando vivo. A morsi, coi suoi denti affilati...”
Si fermò, guardò il corpo a terra con disgusto, rabbrividì.
Poi rivolse di nuovo al commissario gli occhi limpidi e freddi e sussurrò:
“E’ stata legittima difesa”.

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