martedì 15 dicembre 2009
A Tre-Sette col Minotauro
venerdì 4 dicembre 2009
Non sia prolisso
domenica 22 novembre 2009
Un posto
mercoledì 18 novembre 2009
L'altro
domenica 15 novembre 2009
Monia
Rimane un po' come interdetta, la immagino fare una specie di broncio che si intuisce anche nel tono della voce: "Ah ...ma...io".
"Sono spiacente, oggi non ci siamo, riprovi a chiamare, magari per una visita infrasettimanale". "Ecco, sì, magari provo un'altra volta" conclude lei con tono seccato. Ma brutta stronza, ma va' a chiedere di "visitare" un'altra cantina di domenica pomeriggio, poi senti cosa ti rispondono.
Però sono iena e bastardo inside: mi è venuto in mente mentre scrivo che se la vocetta petulante e femminile fosse stata una voce maschile profonda e sensuale che avesse detto "Sono Luca T. uno studente della facoltà di scienze gastronomiche" avrei risposto: "ma venga, venga pure! Tanto noi viviamo qui, sarà un piacere dedicarLe tutto il pomeriggio".
Ma poi chissà, magari Luca T. è l'amico gay di Monia F. e sarebbe venuto con lei, ma le ha detto: "chiama tu, se il titolare sente una voce di ragazza sicuramente non dirà di no". E così magari ho dato un calcio al pane, vassapé.
Ché sì, la Monia, sicuramente, è innamorata persa di Luca, e per lui farebbe qualsiasi cosa: compreso telefonare al bel produttore che Luca vorrebbe incontrare perché l'ha visto a un salone, e se ne è innamorato perso a sua volta.
Ma il nome "Monia" proprio non lo reggo.
sabato 14 novembre 2009
Legittima difesa
Wanted
venerdì 13 novembre 2009
Eppure ho fatto anche cose belle
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lunedì 9 novembre 2009
Quando le stazioni al mattino odorano di dopobobarba
lunedì 2 novembre 2009
La menopausa.
La sentiva ridere
La sentiva ridere, un piccolo riso a singhiozzo che si trascinava poi in rapidi singulti. Dopo una breve pausa, ritornava a scoppiettare veloce.
Si fermò sulla porta in ascolto, sbirciò all'interno, ma non riusciva a vederla: doveva essere sul letto, al telefono. Si sentì in colpa. Tornò indietro silenziosamente, poi avanzò di nuovo calcando i passi per segnalare la sua presenza.
La risata si interruppe, ci fu un ciao frettoloso e sua moglie lo squadrò freddamente mentre entrava nella stanza.
"Con chi ridevi?", avrebbe voluto chiederle, ma la domanda gli morì in gola, Lo sguardo di lei aveva qualcosa di ironico mentre lo fissava, un'ombra di sorriso ancora all'angolo della bocca.
Rideva di me, pensò sconvolto. E ancora tacque.
Si sfilò la giacca, la poggiò sulla seggiola e la osservò perplesso. La donna scattò in piedi e sgusciò dalla stanza, come memore di un'incombenza dimenticata. "Hai fame?", chiese eclissandosi.
Rimasto solo, toccò il telefono. La cornetta era ancora calda: doveva essere stata una telefonata lunga. Con chi?
Era tanto che non la sentiva ridere, aveva persino dimenticato il suono della sua risata.
Rideva di me, pensò di nuovo, incredulo. Perché? Si chiese subito dopo, offeso. C'era poco da ridere: le dava tutto quello che voleva, si faceva in quattro per soddisfare le sue smanie e si accontentava del niente che riceveva in cambio.
Si riscosse e marciò deciso in cucina.
La studiò mentre imbastiva davanti ai fornelli un pasto senza sapore e senza voglia. La osservò chinarsi: la gonna troppo corta scopriva il cuscinetto di grasso, chiazzato da venuzze, che si era depositato dietro le ginocchia. La maglietta aderente evidenziava l'adipe accumulato sullo stomaco, impietosamente sottolineato dalla stretta del reggiseno che mal conteneva le esuberanze ormai vizze. Gli fece rabbia: era ridicola, grottesca.
Notò, mentre lei posava con malgarbo la pentola sul tavolo, gli occhi bistrati e i capelli stopposi per i troppi colori subiti.
Si erse in tutta la sua dignità, la considerò severo e sbottò.
" Alla tua età dovresti guardarti allo specchio prima di conciarti come una ragazzina. Non te lo puoi più permettere".
Lei si bloccò stupita. La sua espressione distante si congelò in uno spasmo di incredulità. Lo fissò con odio, sbatté il mestolo sul tavolo e scappò via.
Lui si servì e cominciò a mangiare.
La sentiva piangere nella stanza accanto.
© 2009 Gloria Gerecht
martedì 27 ottobre 2009
Romolo e Remolo
Con mio cugino ho avuto un'infanzia felice. Passavamo la giornata sullo sterro che separava i negozi di mia madre e di mia zia, giocavamo a "tiro al buriolo" oppure andavamo a lucertole. L'area della Tuscolana oltre il raccordo, allora era immensa: non c'era l'Ikea o i centri commerciali che son venuti dopo. C'erano solo delle casette, un paio di capannoni, e due costruzioni a forma di castelletti medioevali, con tanto di torri merlate e feritoie. Il castelletto marrone con su scritto "Meloni Mobili" era il castelletto di mia zia, mentre quello bianco con su scritto "Arte Mobili Cantù" era il castelletto di mia madre. Lei, che ha costruito dopo, avrebbe voluto fare anche un ponte levatoio, ma poi non si è mai fatto nulla. Ne ha sempre sofferto un po', ma per orgoglio non lo dava a vedere.
Ogni sera al tramonto, mia zia e mia madre cacciavano la testa fuori dalla finestra di una delle loro torri e ci chiamavano urlando i nostri nomi verso la campagna. Per prima mia zia chiamava mio cugino, poi mia madre chiamava mio cugino e me. Così mio cugino stava spesso da noi. A me faceva piacere, lui mangiava tutto; spesso anche quello che io lasciavo nel piatto. Così mia madre era contenta.
Insieme abbiamo poi fatto le stesse scuole, abbiamo avuto le stesse compagnie e perfino ci siamo innamorati delle stesse ragazze, quasi tutte già sue. Ma questo non gliel'ho mai confessato.
Quando ci siamo fatti grandi, mio cugino ha voluto chiudere coi mobili e si è messo nei trasporti. Con un finanziamento di mamma, ha tirato su una concessionaria Iveco riadattando un capannone sull'autostrada Roma-Napoli. Al contrario di me è sempre stato un tipo estroso: ha coperto la facciata del capannone con un pannello a forma di una piramide gialla e sopra ci ha scritto "Tutan Kamion". Allora anche io ho pensato di fare qualcosa nei trasporti ma mia madre era poco convinta ad investire: "Se proprio vuoi, prova qualcosa con una sfinge ma non so se funzionerebbe". Poi c'è stata la disgrazia e tutto si è fermato.
Oggi ho visto mio cugino nella bara. Sul volto aveva una smorfia oscena, come certe sue imitazioni che ci faceva per divertirci. A quel ricordo così vivido, quasi sbottavo a ridere lì davanti alla salma. Allora ho fatto finta di piangere e per distrarmi mi sono avvicinato a confortare mia madre. Appena mi sono avvicinato, lei mi ha detto: "Hai visto? Se n'è andato anche per primo."
domenica 25 ottobre 2009
Il venditore di armi
Il venditore di armi guardò il telegiornale.
Le immagini scorrevano crude sullo schermo, in sottofondo le severe parole di condanna del vescovo non lasciavano scampo alla sua coscienza.
"Amore" disse tristemente prendendo la mano della donna seduta accanto a lui "abbiamo passato anni meravigliosi, ma sento il bisogno di una moralità non più messa in discussione ... "
Nikka micro-scrittrice
Una donna perfetta
Era una donna perfetta. Sì, sapeva di esserlo.
Nikka microscrittrice